Guglielmo Mollicone, cinque anni dopo. La Cassazione riapre la porta alla verità per Serena
- Angela Nicoletti
- 31 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Sono passati cinque anni dalla morte di Guglielmo Mollicone.
Cinque anni senza il padre che ha trasformato il dolore in una missione.
Un uomo che ha sfidato lo Stato, le istituzioni, la paura. Un uomo che non si è mai arreso.
In vent’anni di lotta, Guglielmo è stato lasciato solo. Umiliato, deriso, perfino sospettato.
Nella fase iniziale delle indagini, c’è stato chi ha provato a incastrarlo.
Proprio lui, il padre, l’unico che non ha mai smesso di chiedere giustizia per Serena.
Quando quel tentativo fallì, fu Carmine Belli a finire nel tritacarne. Un innocente.
Un carrozziere, estraneo a tutto, che ha pagato con 17 mesi di carcere per un crimine che non aveva commesso.
Assolto in primo grado, in appello, e in Cassazione. Ma dimenticato da tutti.
Intanto Guglielmo continuava a combattere.
Convinto che la verità si trovasse in quella caserma dei carabinieri di Arce.
Convinto che Serena fosse morta lì, dopo un litigio con Marco Mottola, figlio dell’allora comandante.
Convinto che qualcuno avesse insabbiato tutto.
Nel 2023 la Corte d’Assise di Cassino ha assolto Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco.
Assoluzione confermata anche in appello.
Ma la Cassazione, nel marzo 2025, ha annullato quelle assoluzioni, accogliendo il ricorso della Procura Generale.
Ha disposto un nuovo processo d’appello: una svolta cruciale, arrivata a quasi venticinque anni dalla morte di Serena.
Proprio ieri, 30 maggio, sono state pubblicate le motivazioni della Cassazione.
I giudici hanno parlato di carenze logiche e gravi omissioni nelle motivazioni d’appello.
Secondo la Suprema Corte, non è stata valutata adeguatamente la ricostruzione dei fatti fornita dall’accusa, né il contesto ambientale della caserma.
Un ambiente – scrivono i giudici – in cui Serena era una presenza scomoda, e in cui la dinamica dell’aggressione avrebbe potuto essere coperta da una rete familiare e gerarchica.
È una nuova pagina, forse l’ultima.
Guglielmo purtroppo non c’è più. È morto il 31 maggio 2020, senza vedere questo spiraglio.
Il suo cuore non ha retto il peso di vent’anni di ingiustizia e di verità negate.
Ma io sono certa che da lassù stia ancora seguendo tutto.
Che il suo spirito vegli su ogni parola, ogni documento, ogni nuova udienza.
Perché se oggi la giustizia ha riaperto gli occhi, è solo grazie a lui.
Non grazie a chi ha taciuto. Non grazie a chi ha voltato lo sguardo.
Ad Arce, in troppi hanno preferito il silenzio alla verità.
Chi sapeva non ha parlato.
Chi ha visto non ha raccontato.
Ma la coscienza pesa più di ogni condanna.
E il dolore di un padre non si archivia.
Guglielmo ha amato Serena oltre la morte.
E oggi la giustizia, forse, sta provando a restituirle almeno il suo nome.
Quello di vittima, non dimenticata, non archiviata.
Quella di una ragazza che ha avuto un padre che non ha mai smesso di cercarla.
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