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23 maggio: la giornata che ricorda gli uomini onesti

  • Immagine del redattore: Angela Nicoletti
    Angela Nicoletti
  • 23 mag
  • Tempo di lettura: 2 min

di Angela Nicoletti


Il 23 maggio per molti è la data della strage di Capaci, dell’attentato che tolse la vita a Giovanni Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta. Per me è anche il giorno in cui, anni fa, è venuto a mancare mio nonno, Raniero.


Voi vi domanderete cosa c’entra Giovanni Falcone con il nonno? Il primo era un magistrato dallo sguardo profondo e dalla schiena dritta, un uomo che ha sfidato un sistema marcio fino al midollo, che non si fermava alla mafia, ma che si insinuava nei palazzi del potere, in quelli della politica, della finanza, della burocrazia. Il secondo era un semplice ambulante con la terza media, che ogni notte caricava il furgone e partiva per i mercati della provincia di Frosinone.


Eppure, in quei due uomini c’era la stessa sostanza: l’onestà. La stessa ostinazione nel non piegarsi, nel fare la cosa se giusta anche quando nessuno guarda, anche quando nessuno applaude.


Mio nonno non indossava una toga, ma viveva con una dignità che oggi sa quasi di rivoluzione. Combatteva la sua battaglia quotidiana contro i furbi, contro chi evadeva, contro chi rubava tempo, rispetto, decenza. Lo faceva con il lavoro, con l’esempio, con le parole che ci lasciava da bambini e che oggi, da adulti, custodiamo come semi preziosi.


È stato lui, mio nonno, a consentirmi di inseguire il sogno del giornalismo. Mi ha sostenuta, spronata, anche economicamente. Mi ha insegnato a credere nella parola, nella verità, nella responsabilità che si ha quando si scrive per gli altri. In fondo, anche lui voleva cambiare il mondo. Un po’ alla volta, mercato dopo mercato, nipote dopo nipote.


Nel 2018 ho avuto l’onore di ritirare a Palermo il Premio Piersanti Mattarella. E in quell’occasione, non potevo non fermarmi a Capaci. Ci sono arrivata con il cuore stretto e l’anima in silenzio. Erano passati quasi trent’anni da quel maledetto 1992, ma lì tutto sembrava fermo alle 17:58 di quel giorno. Mi è bastato chiudere gli occhi per vedere l’asfalto spaccato, l’autostrada tagliata in due, i nomi, i volti. Una sensazione che non scorderò mai: il commento interiore di chi capisce, davvero, che certe battaglie non finiscono. Che certe morti sono semi. Che certi uomini non passano, restano.


Per questo oggi, 23 maggio, per me non è solo una data tragica. È un giorno di memoria, sì, ma anche di eredità. È il giorno in cui sono morti due uomini onesti. Uno lo ricorda tutta l’Italia. L’altro lo ricordiamo noi, i suoi nipoti, con gli occhi ancora lucidi e il cuore gonfio di gratitudine.


L’onestà non ha classe sociale, non ha titoli. Ha solo radici profonde. E se oggi sono la persona che sono, lo devo anche a loro: a Giovanni Falcone e a Raniero Bottoni.

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    Angela Nicoletti

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