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Basso Lazio, la terra dei veleni: viaggio nel cuore malato dell’ambiente tra Cassino, Valle del Sacco e gli spettri della criminalità

  • Immagine del redattore: Angela Nicoletti
    Angela Nicoletti
  • 8 mag
  • Tempo di lettura: 3 min



Nel cuore del Basso Lazio, in quell’asse geografico a cavallo tra Roma e Napoli, si snoda una delle crisi ambientali più drammatiche e sottovalutate del nostro Paese. Un’area che, da anni, paga il prezzo di scelte scellerate, omissioni politiche e, soprattutto, un inquinamento sistemico che ha trasformato questa terra in una pattumiera industriale. Qui, tra discariche illegali, fiumi contaminati e impianti di trattamento rifiuti finiti sotto la lente della magistratura, la salute dei cittadini è in bilico. Lo dicono i dati, ma anche le storie. E le ombre del passato — come quelle evocate dalle dichiarazioni di Carmine Schiavone — tornano a inquietare il presente.


La discarica di Nocione: la bonifica (tardiva) di una ferita storica


A Cassino, uno dei fronti più critici è rappresentato dalla discarica abusiva di Nocione. Per anni, un’area a due passi dai centri abitati è stata avvelenata da rifiuti di ogni tipo, sversati senza controllo. Solo di recente, il Comune ha avviato un piano di bonifica, dopo che il sito era finito nel mirino di comitati civici e inchieste giornalistiche. Si tratta di un passo importante, ma tardivo: per troppo tempo si è fatto finta di non vedere. I lavori in corso segnano l’inizio di un percorso di risanamento, ma la strada è lunga e i cittadini chiedono verità e garanzie.


Valle del Sacco: il SIN più inquinato d’Italia


Non molto distante, tra le province di Frosinone e Roma, la Valle del Sacco rappresenta l’epicentro di un disastro ambientale. Qui, il fiume Sacco, dichiarato Sito di Interesse Nazionale (SIN) per la gravità dell’inquinamento, è da decenni oggetto di sversamenti industriali, metalli pesanti, solventi, pesticidi. Il paradosso è che le acque del fiume continuano, in alcuni casi, a essere utilizzate per l’irrigazione agricola, chiudendo un ciclo tossico che finisce sulle nostre tavole. La Regione Lazio ha avviato un progetto di bonifica, ma il territorio continua a portarne i segni: tumori, malformazioni, infertilità. In particolare, l’aumento dei casi di tumore infantile nelle aree circostanti è un dato che inquieta medici e ricercatori.


Depuratori, discariche: una mappa del degrado


Il degrado ambientale nel Basso Lazio è reso ancora più grave dalla presenza di numerosi impianti che, anziché rappresentare un presidio ecologico, hanno finito per generare allarme. A questi si aggiungono ex siti industriali come la ex Cemamit



di Ferentino (amianto), l’ex Marini a Cassino, le cosiddette “coste calde” di Arpino, e aree contaminate da metalli pesanti risalenti già agli anni ’80. I primi segnali di allarme, infatti, vennero lanciati proprio in quel periodo, quando vennero scoperti fusti al cromo esavalente lungo le sponde del fiume Liri.


Carmine Schiavone e la camorra dei rifiuti: la Ciociaria sapeva


A rendere ancora più inquietante lo scenario, le dichiarazioni rilasciate negli anni da Carmine Schiavone, ex boss pentito del clan dei Casalesi, che durante le audizioni alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti denunciò lo smaltimento illecito di rifiuti tossici anche nella provincia di Frosinone. Secondo Schiavone, diverse aree del Frusinate sarebbero state utilizzate come terminali “fantasma” della rete campana per l’interramento di sostanze nocive. Un’accusa mai pienamente approfondita dalle istituzioni, ma che ha trovato riscontro in indagini successive.


I numeri della sanità che confermano i timori


A parlare, oltre ai testimoni, sono i numeri. Ogni anno, oltre mille cittadini della provincia di Frosinone si rivolgono a strutture oncologiche per patologie tumorali, spesso gravi. In particolare, si registra un picco di incidenza nelle aree limitrofe ai siti inquinati. Un dato che spinge molti a emigrare per curarsi. E che conferma i timori di una popolazione stanca, arrabbiata, ma anche troppo spesso lasciata sola.


Un futuro possibile? Solo se si rompe il silenzio


La bonifica della discarica di Nocione, il commissariamento dei depuratori consortili, l’avvio del risanamento nella Valle del Sacco: segnali che mostrano una certa attenzione, ma che non bastano. Serve una presa di posizione politica forte, servono investimenti strutturali e serve soprattutto rompere quel muro di omertà e rassegnazione che per troppo tempo ha fatto da cornice a questo disastro.


Perché il Basso Lazio non può e non deve essere più la pattumiera d’Italia.

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    Angela Nicoletti

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