“La Valle del Sacco? Una terra ferita dalla disattenzione di chi avrebbe dovuto proteggerla”
- Angela Nicoletti
- 13 mag
- Tempo di lettura: 2 min
di Angela Nicoletti
Ignazio Portelli, oggi Commissario dello Stato per la Regione Siciliana e presidente dell’ANFACI, non dimentica gli anni passati a guidare la Prefettura di Frosinone. Un incarico delicato, esercitato in un territorio segnato da un’emergenza ambientale tra le più gravi d’Italia: quella della Valle del Sacco.
In un confronto diretto con il nostro blog, Portelli ha voluto rompere il muro del silenzio e dell’abitudine. “La Valle del Sacco è stata abbandonata per troppo tempo. Quando sono arrivato a Frosinone, la prima cosa che ho capito è che serviva un intervento immediato, strutturato, coraggioso. Abbiamo trovato e recuperato 52 milioni di euro, tra fondi regionali ed europei. Ma i soldi non bastano quando mancano le regole e la volontà di applicarle”, afferma.
Secondo Portelli, i veri nemici della bonifica non sono stati solo i veleni industriali, ma il lassismo e l’inerzia di chi doveva vigilare. “Non è mai stato fatto un censimento serio degli scarichi, né un’opera di deforestazione lungo le sponde del Sacco per individuare quelli abusivi. Come si può parlare di bonifica senza conoscere la mappa dell’inquinamento?”
Ceccano, uno dei comuni più colpiti, resta per Portelli il simbolo di quanto è stato fatto — e di quanto è stato ignorato. “Un depuratore industriale mai attivato, e una popolazione costretta a convivere per anni con sostanze tossiche. Le vittime più fragili? I bambini. Gli aumenti di patologie oncologiche e del sangue parlano da soli.”
Il discorso si sposta poi su un altro punto critico: la discarica di via Le Lame. “Una bomba ecologica mai disinnescata. Chiunque è passato lì, anche chi aveva potere decisionale. Ma nessuno ha mai fermato davvero quel disastro ambientale, che avviene proprio accanto a campi coltivati, uliveti, vigneti. È uno schiaffo a una terra che avrebbe tutte le carte per brillare.”
Ma il problema, insiste Portelli, non è solo tecnico. È morale. “Quello che mi ha più colpito, e amareggiato, è stata la rassegnazione. Una sorta di anestesia collettiva. Come se questo disastro fosse ormai normale. E quando chi è al vertice smette di indignarsi, come si può pretendere un cambiamento?”
L’ex prefetto è netto anche su un’altra questione, spesso sottovalutata: “Non deve più passare il messaggio che per avere un polo industriale si debba necessariamente accettare l’inquinamento. Non funziona così. Il benessere vero non può e non deve passare per la distruzione del territorio. Questa è una trappola culturale che ha fatto danni enormi, ed è ora di smontarla pezzo per pezzo.”
Per Portelli, servono coscienze sveglie, prima ancora che progetti. “Non possiamo più accettare che si dica: ‘tanto è sempre stato così’. La bonifica, quella vera, inizia quando la politica smette di usare l’ambiente come uno slogan e torna a considerarlo un dovere etico.”
Un monito, il suo, che suona come un ultimo appello. Perché la Valle del Sacco non ha bisogno solo di interventi tecnici, ma di riscatto umano e civile. E senza questo scatto d’orgoglio, conclude Portelli, “non ci sarà mai un futuro davvero pulito”.
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