
Nudo, in strada. Eppure ancora invisibile
- Angela Nicoletti
- 30 mag
- Tempo di lettura: 1 min
di Angela Nicoletti
A Cassino, nel cuore del Basso Lazio, c’è un uomo che cammina scalzo sull’asfalto rovente, con un solo brandello di stoffa addosso. Lo vediamo tutti. Da giorni. Da settimane. Seduto su un marciapiede, tra le sterpaglie, sotto il sole. Solo.
Abbiamo provato. In tanti. Volontari, passanti, cittadini comuni. Qualcuno gli ha portato dell’acqua. Qualcun altro ha tentato un gesto di vicinanza. Ma lui respinge tutto. È aggressivo, violento, non si lascia avvicinare. Non è solo disperato. È anche pericoloso. Per se stesso. E per gli altri.
E allora? Che si fa? Si aspetta la tragedia?
In Italia succede troppo spesso: persone in evidente stato di alterazione psichica vengono lasciate a loro stesse perché il meccanismo che porta al TSO (trattamento sanitario obbligatorio) è complicato, lungo, farraginoso. Serve il parere del medico, il via libera del sindaco, l’intervento dell’ASL, e poi – forse – qualcosa si muove. Ma il tempo che passa, spesso, coincide con il tempo in cui la situazione precipita.
Intanto lquesto uomo è lì. Nudo, sporco, affamato. Senza più nulla che lo protegga. Fino a quando dobbiamo accettare che il diritto alla salute mentale venga trattato come un affare secondario?
Abbiamo bisogno di una normativa più chiara, di strumenti che diano alle forze dell’ordine il potere di agire subito, in sinergia con i servizi sociali e sanitari. Perché non si tratta di criminalizzare chi soffre. Si tratta di salvarlo. Prima che faccia del male. Prima che si faccia male.
Questa non è solo una storia di emarginazione. È una storia di vuoto normativo. È una richiesta d’aiuto. È una bomba a orologeria.
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