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Da Cassino a Gaza: il pianto dei bambini che nessuno vuole ascoltare

  • Immagine del redattore: Angela Nicoletti
    Angela Nicoletti
  • 21 mag
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 21 mag

di Angela Nicoletti


Vivo a Cassino, città martire. Nel 1944 fu rasa al suolo dai bombardamenti degli Alleati.

Cercavano le truppe tedesche. Trovarono invece una città da cancellare: case, chiese, volti, radici, famiglie.

Vite innocenti.


C’è una foto che porto nel cuore. Un bambino piccolo – quattro o cinque anni al massimo – che piange tra le macerie. È solo. Intorno a lui un soldato alleato e solo polvere, calcinacci e silenzio. Il silenzio che segue le esplosioni, quello che fa più male di tutto.


Dopo quei bombardamenti, per non morire di fame, tantissimi bambini di Cassino vennero trasferiti al Nord o a Roma. Vennero allontanati dalle loro famiglie, strappati dalle braccia delle madri, perché restare voleva dire morire. Non sotto le bombe, ma di fame e di stenti.


E oggi, a Gaza, accade la stessa cosa.

I bambini non muoiono solo per i missili. Muoiono perché non hanno acqua, né cibo, né cure.

A Gaza i piccoli sopravvissuti ai bombardamenti muoiono di abbandono.

E questa, se possibile, è una ferita ancora più profonda. Perché è una crudeltà che si prolunga nel tempo, giorno dopo giorno, sotto gli occhi del mondo.


Sono passati 81 anni dalla distruzione della mia città. Eppure, nulla è cambiato. Quel bimbo di Cassino, con la faccia sporca e il cuore spezzato, oggi potrebbe essere uno dei tanti bambini palestinesi che vagano tra tende, macerie e fosse comuni.

I volti sono diversi, ma il dolore è lo stesso.


E allora mi chiedo – e vi chiedo:

Che cosa abbiamo imparato dalla Storia?

Che senso ha commemorare, se poi restiamo in silenzio davanti a nuove stragi?

Perché a pagare il prezzo più alto sono sempre loro, i più fragili. I bambini, gli anziani, le donne, i malati.


La memoria non può essere un esercizio da calendario. Deve essere un impegno quotidiano, un grido che ci impedisce di restare indifferenti.


Finché ci saranno bambini che piangono tra le rovine, ovunque nel mondo, vuol dire che non abbiamo imparato nulla. E quel bimbo di Cassino continuerà a camminare – silenzioso e disperato – tra le città distrutte di ieri, di oggi, e – purtroppo – di domani.


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    Angela Nicoletti

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