Leone XIV, il Papa che viene dagli ultimi
- Angela Nicoletti
- 9 mag
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di Angela Nicoletti
C’è una foto che racconta più di mille discorsi. È stata scattata a Palermo, l’8 maggio 2006, nel Santuario di Santa Maria della Grazia la Reale, in uno dei quartieri più fragili della città. In quell’immagine c’è un uomo dal volto mite, lo sguardo sereno e le mani consumate dalla fatica del servizio.

Oggi è Papa Leone XIV. Ma allora era solo un sacerdote in visita, uno dei tanti che scelgono di camminare tra la gente. Non era in Sicilia come missionario, ma la sua presenza in quel luogo povero, tra volti segnati e speranze sospese, dice molto di lui.
Non cercava riflettori, né palazzi. Cercava le persone, e soprattutto quelle che nessuno guarda.
Papa Leone XIV è figlio di una geografia dell’anima: nato negli Stati Uniti, ma di origini spagnole, francesi e italiane, ha attraversato le frontiere del mondo e del cuore. Ha vissuto anni tra le favelas del sud America, nelle terre più dimenticate del Perù, dove la povertà non è una condizione ma una condanna. Lì ha scelto di restare. Non come eroe, ma come fratello.
C’è chi oggi si affretta a definirlo “Papa americano”, come se una nazionalità bastasse a raccontarne la profondità. Ma ridurre Leone XIV a un passaporto significa non cogliere la sua vera essenza. È un uomo che porta addosso i segni di ogni popolo che ha incontrato, i dolori che ha raccolto, le speranze che ha custodito.
Fu Papa Francesco a volerlo fortemente in Italia, riconoscendone l’anima affine: una Chiesa che scende, non che sale. Che accompagna, non che comanda.
Papa Leone XIV è il Papa degli ultimi.
Non è il Papa delle istituzioni. È il Papa delle storie invisibili, delle mani callose, delle lacrime taciute. Parla sette lingue, ma sceglie parole semplici. Ama il silenzio, ascolta più di quanto dica. Ha studiato nei migliori atenei, ma considera la strada la sua vera maestra. È un pastore vero, che cammina accanto, mai davanti.
In un mondo sempre più assuefatto all’arroganza, al rumore e alla fretta, la sua elezione è un respiro di umanità. Un richiamo forte, dolce, vero: si può ancora scegliere l’umiltà. Si può ancora vivere il Vangelo, non solo predicarlo.
Da Trujillo a Roma, dalle periferie andine ai vicoli di Palermo, c’è un filo che unisce i gesti e le scelte di quest’uomo: la fedeltà ai più deboli.
Questa è la sua forza.
Questa è la sua eredità.
E forse, anche la nostra ultima occasione per ricordarci cosa significa essere davvero umani.
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